Quanto spazio tra due punti idealmente vicini e quanta unicità sta in quel mezzo. Ci muoviamo continuamente e dopo le giornate umide di Houston e un tuffo tra la musica di Austin e il BBQ come dev’essere, siamo arrivati in California. Devo dire ancora ma rimango stupito ogni volta.
Una giornata nella caotica Los Angeles fatta di qualche birra al locale irlandese sulla Sunset, una buttata di naso all’interno di “Whisky a go go”, il Viper e un ricordo a River Phoenix con culmine da Sotto parlando di Franciacorta con un produttore Californiano e bevendo qualsiasi cosa venisse in mente al mio amico Rory di stappare.
Visti i ritmi di Jeremy, stamane ho optato per una colazione nuziale fatta di qualsiasi cosa iper calorica e insaporita dalla dolcezza del ketchup.
Mentre scrivo stiamo percorrendo l’interstatale 5 che parte da San Diego e arriva fino in Canada.
Dopo esserci lasciati alle spalle le montagne e Los Angeles, il paesaggio si apre con una vallatta che non ha confini nemmeno quando il vento forte spazza le nubi dopo un temporale. Questa sensazione l’ha tradotta bene Nico dicendo che quando dalla cantina si vedono gli Appennini, non è certo di enormità di spazi che possiamo parlare.
Si coltiva di tutto nella grande valle e il paesaggio che scorre si alterna di arance e fagioli e mandorli e le viti alte curate da operai messicani dai cappelli a falde larghe e dai vestiti coloratissimi.
“Vorrei vivere qui” è la prima cosa che mi viene mentre mi si stringe la gola da tanta bellezza. Poi penso che morirei senza le mie certezze fatte di chi caccia il cibo per me, me lo cucina e me lo fa trovare pronto come fanno i miei amici ristoratori del Bianchi e del Gasparo, sempre pronti a salvarmi la vita. Allora penso al compromesso, proprio io che non ne voglio, e faccio virare l’invito di Jeremy a trovarmi moglie in Texas, esclusivamente in California.
Entro le 4 saremo a Santa Cruz e il resto ve lo racconto tra qualche giorno.
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